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Carcere: non riguarda solo chi ci sta dentro

Carcere: non riguarda solo chi ci sta dentro

CARCERE: NON RIGUARDA SOLO CHI CI STA DENTRO

Di recente è uscito il XVII rapporto dell’Associazione Antigone sulla situazione nelle carceri, purtroppo come prima considerazione viene da dire che non c’è nulla di nuovo, nulla che già non sapessimo. Per esempio è sempre altissimo il numero dei suicidi, il sovraffollamento è sempre un dato strutturale (adesso siamo al 106% della popolazione detenuta), è inferiore alla media europea il numero di operatori che ci lavorano: educatori, psicologi, assistenti sociali etc. Un altro dato che colpisce è che un terzo della popolazione detenuta si trova in custodia cautelare, si trova quindi dentro in una condizione di fragilità ancora maggiore rispetto agli altri detenuti, e oltretutto non ha accesso, proprio per questo motivo, a tutti i percorsi trattamentali. Il contesto del carcere continua quindi ad avere una struttura estremamente patogena, per chi è detenuto ma anche per chi ci lavora. Basterebbe questa condizione di comunanza per far capire quanto poco intelligente sia l’approccio escludente di chi lo vede come un luogo amèno, distante da sé, da non guardare e da non pensare. Il carcere invece non è solo un luogo fisico ma è anche un luogo psichico; è un insieme confuso di vite che in quell’interno (spesso brutto e fatiscente) devono stare insieme. Una sorta di simbolo estremo di tutti i luoghi in cui spesso ci troviamo stretti e costretti. Ne può scaturire il meglio o il peggio di ciascuno di noi in via del tutto teorica, nella pratica, a lavorarci dentro, io ho spesso invece la sensazione di quanto comune sia la condizione umana. E aldilà delle relazioni, di cura con i detenuti o di colleganza con gli altri operatori, mi accompagna e mi dà forza il pensiero di quanto potente possa essere il consorzio umano. E penso a quanta potenza potrebbe scaturire dal riuscire a rappresentarci tutti insieme come esseri pensanti. A cosa servirebbe? A tutto; nell’utopia anche a non aver più bisogno delle carceri, nella pratica immediata a vivere in un mondo più sano.   

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