Il mio lavoro nelle carceri, a scuola, con i pazienti in studio, mi fa sempre di più riflettere sullo stato di preoccupante calma apparente in cui versiamo tutti noi. Lontani dallo star bene nel senso più vero del termine; bene come equilibrio con noi stessi e con gli altri, bene comune e bene personale. Sempre più sospesi fra un passato recente in cui tutti credevamo nell’idea mitomane di una crescita senza fine e un presente di tragedie collettive, in cui il globale suggello del Covid ancora ci schiaffeggia e ci interroga sulla nostra inarrestabile hybris. È difficile prendere consapevolezza del limite, trarne un pensiero, guadagnare un monito. Me lo testimoniano i detenuti che incontro settimanalmente nelle carceri di Monza e di Bollate, me lo testimoniano gli studenti che incontro settimanalmente a scuola a Rho, me lo testimoniano le persone che vedo in studio e che faticano a trasformare in un’autentica domanda d’aiuto sintomi, agiti, vissuti. E ad essere sincera, me lo testimonio anch’io, che giunta a fare i conti con il peso dei 50 anni mi interrogo più che mai su quanto posso o non posso per fare del bene. Per ora non intendo avvalermi della facoltà di non rispondere, ma cito Lui… sempre il primo e ineguagliabile fra noi terapeuti, Freud, che per spiegarci la potenza del nostro inconscio usò la celebre e quanto mai efficace espressione nessuno è padrone in casa propria. È vero, però sforzarsi di dirsi almeno uno straccio di verità aiuta… aiuta l’equilibrio mentale personale e aiuta anche quello collettivo. È, insomma, un grande esercizio di cittadinanza attiva al servizio della democrazia!
Immagine di Grazia La Padula