Tutta la vita è scuola” è una frase affascinante attribuita a Comenio, nome latinizzato di Jan Amos Komensky; educatore, insegnante, filosofo, pedagogista e molto altro, vissuto nel XVII sec.
A lui dobbiamo l’idea di una scuola aperta a tutti; a tutte le classi sociali senza distinzione, in modo che a chiunque venisse data la possibilità di trovare il suo valore. Delineò un metodo di insegnamento pionieristico dove l’obiettivo era l’inclusione, partendo dal presupposto che tutti nasciamo naturalmente predisposti alla conoscenza e che quindi compito dell’insegnante è suscitare curiosità, invogliare all’apertura mentale. Immaginava un mondo emancipato socialmente dove regnasse la fratellanza fra i popoli…Vi starete chiedendo, come chi scrive, quanti secoli siano passati perché tutto rimanesse tragicamente e banalmente uguale!
O forse no, possiamo certo tutti vedere quante nuove leggi abbiano sdoganato un linguaggio sempre più incoraggiante per chi come noi lavora nella scuola; inclusione, autonomia scolastica, successo formativo etc. E poi c’è stato il ciclone Covid con l’inevitabile traino verbale che ne è derivato: digitalizzazione, concorsi, ruolo decisivo dei docenti…Ma cosa c’è realmente di nuovo per la nostra salute pubblica, per il bene comune che la scuola rappresenta? Noi crediamo che se avessimo la risposta di nuovo non ci sarebbe proprio nulla, ma la possibilità di disegnare un nuovo scenario forse può partire da quel “rappresenta” che il caso ha voluto finisse proprio prima del punto interrogativo. Psicologi e psicoanalisti sanno bene delle insidie e delle potenzialità che la sfida del rappresentarsi offre. Chissà che questo collettivo di individui che la scuola rappresenta non abbia maturato però una consapevolezza di sé più adulta. Noi vogliamo crederci perché, come diceva
Comenio, tutta la vita è scuola!
