A Palermo esiste dal 2013 una realtà di speranza e riscatto che si chiama Il fiore nel deserto. Affascinati dal nome, oltrechè dalla città in cui si trova, abbiamo cercato di scoprire di cosa si tratti. E’ una biblioteca, e quindi un luogo magico per definizione, ma è molto di più: si trova infatti all’interno di un centro diurno e ne è responsabile la psichiatra Rosaria Maria Capillo, la quale parla di questo progetto attuale e innovativo con comprensibile passione e trasporto. Ecco alcune delle sue parole in proposito “Con i nostri utenti da anni ci incontriamo per leggere e ascoltare insieme un libro. Crediamo, infatti, che il testo narrativo possa essere una sorta di testo condiviso, un pretesto di sogno comune attraverso cui attivare poi una galvanizzazione di gruppo. L’ascolto di chi racconta permette sia di avvicinarsi ma nello stesso tempo di distanziarsi: è un filtro che può avere l’ascoltatore-lettore che può ritrovarsi nella figura di un personaggio senza però esporsi troppo.” A noi sembra si tratti di una vera e propria attualizzazione del messaggio Basagliano, ovvero mantenere le persone nel proprio ambiente di vita. Ma non solo, è evidente che questo straordinario laboratorio di salute è la realizzazione di un ponte fra “il dentro” dell’istituzione che cura e “il fuori” della comunità, la quale può accogliere o rifiutare stigmatizzando. La biblioteca è anche un’occasione di lavoro e impegno per gli utenti che si occupano della catalogazione e informatizzazione, agendo anche in questo modo da tramite fra le regole di convivenza esterna e una possibilità più protetta di riavvicinarsi a queste. Il fiore nel deserto, nome davvero suggestivo, corrisponde al “Pancratium maritimum”, che cresce nelle spiagge, bisognoso di rivoli d’acqua poiché si trova in condizioni difficili, ma se ci pensiamo bene vicino al mare, che cerca ostinatamente riuscendo nonostante tutto, o forse proprio per questo, a generare magnifica bellezza.
